Piani segreti oltre il confine


Il colonnello Keller si gratta nervosamente il capo. Da quando l'alleanza fra Italia e Germania si è fatta più stretta non riesce a dormire la notte, il timore che le due potenze si spartiscano la piccola Svizzera lo tormenta. Volgendo lo sguardo al suo fianco la situazione non migliora, visto che l'impero Austro-Ungarico continua imperterrito la sua politica espansionistica. Il nazionalismo dilagava per l'intera Europa ed era fonte di grave minaccia, doveva fare presto. Difendere il Ticino era impresa ardua vista la sua naturale prosecuzione orografica del territorio italiano sino al Gottardo, dove le Alpi avrebbero rappresentato la salvezza. Mendrisio, accerchiata su 3 lati, in caso d'invasione da sud era data per persa. C'era però un primo punto dove forse si poteva riuscire a difendersi: il ponte-diga del Melide, che collega attraversando il lago la zona del mendrisiotto all'area di Lugano. Farlo saltare avrebbe fatto guadagnare tempo prezioso ai rossocrociati, per riorganizzarsi e...contrattaccare. Aveva un sogno, riportare la Valtellina e la Val d'Ossola sotto l'egemonia svizzera, poter congiungere idealmente in orizzontale Sondrio, Locarno e Domodossola. Ne aveva anche un altro di sogno, ancor più ambizioso. Lo riportava ad epoche passate, al 1515 quando dopo 3 anni di controllo svizzero il ducato di Milano tornò sotto i francesi nella battaglia di Marignano, l'attuale Melegnano.

Non è parte di un fantasy militare, ma i piani desecretati dell'allora comandante in capo dell'esercito svizzero. Era già pronta un'alleanza a denti stretti con gli Austro-Ungarici, che avrebbe permesso un attacco all'Italia da più fronti, scenario che aveva tutti i presupposti per cambiare la storia, e per fortuna nostra mai verificatosi. Le acque in Europa nel 1914 alla vigilia della I guerra mondiale erano molto agitate, e tutti erano pronti a tutto, anche a rinunciare alla propria neutralità, anche ad attaccare per primi se minacciati. Alla fine prevalse la politica e nulla di quanto paventato si verificò, ma è importante sapere che i piani erano pronti, bastava poco a far scattare la scintilla. Già da parecchi anni Italia e Svizzera si rincorrevano nella costruzione di fortificazioni al confine, che da parte italiana presero il nome di linea Cadorna. La frontiera nord italiana andava protetta da francesi, tedeschi, austro-ungarici e, appunto, dai neutrali svizzeri! Del resto anche l'Italia è restata neutrale all'inizio del primo conflitto mondiale, poi sappiamo tutti com'è andata, quindi non ci si fidava totalmente degli svizzeri e dei loro movimenti irredentisti, che sognavano una prosecuzione della confederazione almeno sino alle Prealpi. Il progetto di difesa italiana fu ideato dal generale Cadorna, che volle la costruzione di un'imponente opera difensiva che si estendeva dalla val d'Ossola al lago di Garda, costituita da torrette d'avvistamento, bunker, trincee, postazioni d'artiglieria, centri di comando ecc...

La storia poi ci ha rivelato che queste strutture difensive non servirono allo scopo, non per inefficienze, ma per il fatto che il fronte di guerra era totalmente incentrato nel Nord Est italiano. Restarono in uno stato di quiete per circa 20 anni, quando un certo Mussolini si mise in testa di voler invadere il vicino e piazzò sul confine alcune truppe. Il nome in codice era già pronto: "Piano Vercellino". Abbandonò i suoi piani per concentrarsi sulla campagna di Grecia, successivamente l'andamento della guerra seppellì ogni velleità. Nel secondo dopoguerra scendono in campo quelli che nelle sue canzoni Van De Sfroos chiama "i cargà", i contrabbandieri, che nel buio della notte trasportavano merci come tabacco, caffè o altro dalla Svizzera all'Italia con la loro tradizionale "bricöla" in spalla, un particolare zaino in juta, come il cantautore dialettale ci narra nella divertente "Ballata del Cimino". Per portare le merci in Italia, evadendo i vari dazi imposti, si correvano grandi rischi nel camminare con una visibilità pressochè nulla per i ripidi sentieri di montagna e stare sempre all'erta scappando alla vista dei finanzieri. Le fortificazioni della linea Cadorna in questi anni fungevano da riparo per i cargà, che qui potevano rifugiarsi o usarle come deposito temporaneo per la refurtiva. Ai giorni d'oggi la Linea Cadorna costituisce un importante reperto storico, forse non adeguatamente valorizzato. Si sono moltiplicate come funghi nel bosco numerose iniziative volte ad organizzare escursioni su quei sentieri e fortificazioni, mancando però a mio avviso un coordinamento turistico da parte di comuni, province, regioni.

Il mio consiglio è di andarci per conto vostro, assaporando il silenzio che vi farà tornare agli attimi vissuti realmente su quelle frontiere. Noi in particolare ci siamo concentrati sul tratto che da Viggiù permette, con una camminata di circa un'ora per un semplice sentiero, di raggiungere il monte Orsa. Impagabile l'arrivo sulla cima con vista su buona  parte del lago di Lugano da cui partono le strutture difensive che si estendono sino al vicino monte Pravello. Occorre però munirsi di una torcia, in quanto nei tunnel e nei bunker la luce dello smartphone non basta. Il sito è un susseguirsi di tunnel, camminamenti, piazzole per l'artiglieria. La consiglio come gita domenicale in Primavera, ricordandosi dei cargà, e di quando la neutrale Svizzera fu ad un passo dall'entrata in guerra.





BIBLIOGRAFIA e APPROFONDIMENTI:

  • provincia.va.it. "Viggiù - Monte Orsa - Monte Pravello - Viggiù" http://www.provincia.va.it/lineacadorna/it/itinera...
  • M.Binaghi - R.Sala. 2008. "La frontiera contesa. I piani svizzeri di attacco all'Italia nel rapporto segreto del colonnello Arnold Keller (1870 - 1918)" Casagrande Editore




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