La rocca di Angera e la sua grotta: fra culti, leggende e... fate
Se vi trovate ad Arona, sul lungolago, e vi siete creati la situazione ad hoc per un romantico bacio con la vostra ragazza, forse sarebbe il caso di ringraziare anche la rocca di Angera. Già, perché dalla sponda piemontese del lago Maggiore ci appare in lontananza rivelandoci tutto il suo splendore da cartolina. Per visitarla invece dobbiamo recarci sulla sponda lombarda, fare qualche tornante partendo dal'omonimo paese, e pagando un modesto ticket d’ingresso ci si ritrova catapultati in un luogo colmo di storie, misteri e leggende.
Una
domanda che ci si può porre, soprattutto osservando la maestosa
struttura, è perché mantenga il nome di rocca anziché quello di
castello. La differenza fra i due termini è sottile, ma esiste. La
rocca a differenza di un castello spesso si trova in montagna,
“arroccata”, eretta in punti rialzati e strategici di difficile
accesso. E’ successiva al castello medievale, di cui amplia la
funzione difensiva. In questo caso è posta su uno sperone di roccia, da cui domina maestosa su buona parte del lago Maggiore. Agli albori fu di proprietà
dei Visconti, passando poi nel ‘500 nella mani della famiglia
Borromeo cui tuttora appartiene. Come spesso accade per queste
fortificazioni, le varie parti che le compongono sono di epoca
diversa, con il passare degli anni e i cambi di proprietà si assiste all'espansione e modifica delle strutture con lo stile del tempo.
Qui si va dal XII al XIV secolo e idealmente la rocca può essere
suddivisa in 5 zone distinte: La torre principale da cui si gode una
splendida vista sul lago, l’ala “vecchia” detta viscontea,
l’ala dei Borromei che deve il nome agli interventi effettuati
dalla famiglia dopo l’acquisizione, il palazzo “alla scaligera”
e l’altra torre di Giovanni Visconti. Inoltre meritevole di una
visita è il museo delle bambole presente subito all’ingresso, e il
giardino medievale che circonda per 2 lati la struttura.
La sala più bella della rocca è senza dubbio quella “della giustizia”, splendidamente decorata da un ciclo di affreschi dipinto da un personaggio anonimo che viene inquadrato dallo pseudonimo “maestro di Angera”. Le opere sono dedicate a Ottone Visconti e si può notare la rappresentazione della battaglia di Desio e l’entrata trionfale nella città di Milano. Sopra a questi affreschi si trova la rappresentazione dello Zodiaco, con i vari segni zodiacali seguiti dal proprio pianeta di riferimento, notevole il trittico Acquario – Saturno – Capricorno. Ma la cosa che mi balza all’occhio è posta come se fosse una cornice che contorna queste opere. Sull’arcata sovrastante è un susseguirsi di figure mefistofeliche, mostri, che si fatica anche ad inquadrare perché non si ritrovano simili in altre realtà. Addirittura un soggetto da lontano mi è sembrato una sorta di alieno, poi avvicinandomi meglio ho notato che può apparire come un mostro con due teste di drago? Cane? Uccello? Ho provato a cercare su google ma non ho trovato risposta, sembra una sorta di mix fra un Cerbero e un grifone modificato, ha le stesse gambe del cane a 6 zampe simbolo della ENI, che però possiede una sola testa. Poi vi è quella che sembrerebbe una rappresentazione del dio Bahomet, figura con il corpo di uomo e la testa di capra, giova ricordare che tale rappresentazione sin dal Medioevo è associata alla figura del diavolo. Tale personaggio si dice fosse adorato dai templari, che sia un simbolo del loro passaggio? Più in alto vi è il mezzobusto di un umano che pare avvolto da una tunica che gli copre il viso, non riesco a capire se sia senza volto o se esso sia sparito per lo scorrere del tempo. Le sue mani imbracciano due armi tenute in modo incrociato, probabilmente mazze chiodate. Dall’altro lato vi sono poi altre due figure enigmatiche. Quella posta più in basso scherzosamente mi sembra ricordare Davy Jones nei Pirati dei Caraibi, una clamorosa premonizione? Suggestioni a parte, sembrerebbe simile al Dio Gallico Taranis com'era rappresentato nelle sculture litiche antropomorfe, con lunga barba e tre facce. Altri propendono sul fatto che possa rappresentare il Dio romano Giano, il quale però solitamente veniva raffigurato con due teste, che possono guardare sia il passato che il futuro. Testimonianze più antiche addirittura lo vorrebbero con tre o quattro teste, che sia il caso di Angera? Sopra invece abbiamo una figura dal corpo umano ma con le ali e un volto con orecchie pronunciate e un muso (o mento?) allungato, una sorta di arpia.
Fin
qui i misteri all’interno della rocca, ma c’è dell’altro. Le
leggende narrano che la rocca sia stata costruita per difendere
qualcosa d'importante. All’esterno delle mura, infatti, sulla
strada che conduce alla fortezza, vi è un antro particolare, una
cavità naturale che rappresenta il fulcro di una serie d'ipotetiche vicende
susseguitesi qui fin dalla notte dei tempi. Che sia solo una coincidenza la presunta raffigurazione del Dio Giano all'interno della sala della giustizia della rocca, divinità rappresentativa del passaggio e del mutamento, da cui prende il nome Gennaio, mese che apre l'anno?
immagine tratta da www.varesenews.it
Si narra che all’interno della grotta vi sia una porta segreta dai poteri magici, che si aprirebbe solo una volta ogni 100 anni, e condurrebbe nel mondo delle fate. Un aneddoto curioso è quello riguardante una rivista di fumetti in circolazione dall’82 fino a qualche anno fa, Martin Mystère, che narra le storie di un personaggio indagatore del mistero - la quale ambienta un numero della rivista proprio in questi luoghi - in cui il protagonista è impegnato a risolvere l’enigma del misterioso varco verso l’altro mondo dei folletti. Collegata a questa diceria vi è quella di una scala segreta, che porterebbe dalla rocca di Angera a quella di Arona, sulla sponda opposta. Si, avete capito bene, un tunnel che passerebbe nelle profondità del lago e collegherebbe le due rive e le due fortificazioni. Ad alimentare la leggenda era stata scoperta proprio sotto le rovine della rocca Borromeo di Arona una scala che congiungeva la struttura stessa, posta su un’altura, con il porto della città. La naturale prosecuzione va dunque ricercata partendo da questo punto. Altre leggende ci parlano di storie di pirati, in particolare del “Lupo di Angera”, che spargeva terrore in tutto il lago e aveva proprio qui il suo rifugio, da dove partiva alla ricerca di imbarcazioni da saccheggiare. Ci si ricollega alla precedente vicenda, visto che il pirata era a conoscenza del tunnel segreto sotto al lago e se ne serviva come veloce via di fuga e di assalto verso i malcapitati avventori. Proprio qui dentro si dice che il terribile corsaro trovò la morte durante un crollo improvviso della galleria, motivo per la quale essa non venne più trovata e divenne mistero da tramandare di secolo in secolo. Nel museo archeologico della cittadina sono custoditi reperti archeologici risalenti all’età della pietra ritrovati nell’antro di Mitra, che deve il nome al tempio dove veniva venerato l’omonimo Dio pagano nell’antichità. Di origine persiana, simbolo dell’onestà e dell’amicizia, egli nasce da una roccia, per questo molti iniziati lo veneravano proprio in questi luoghi. Il culto si sparse a macchia d’olio anche fra i romani e venne spesso a scontrarsi con il nascente cristianesimo, tanto che molte usanze mitraiche vennero poi riprese da quest’ultimo, come l’usanza di celebrare la nascita di Cristo a Natale il 25 Dicembre, corrispondente al ben più antico Natalis Solis Mitralico, la celebrazione di Mitra, detto anche Dio Sole. Che la leggenda della porta verso un’altra dimensione non sia altro che una metafora del percorso iniziatico al culto mitraico? Quando andrete a visitare questa splendida rocca quindi buttate un occhio verso la grotta sottostante, se sarete fortunati vedrete una luce sbucare dal buio e capirete di essere capitati nell’unico giorno del secolo in cui si accede al portale verso l’altro mondo.
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